FRUSINATE - LE ASSOCIAZIONI INSORGONO CONTRO IL DECLASSAMENTO DEI SITI DA BONIFICARE 'VALLE DEL SACCO' E 'FROSINONE'

Legambiente parla di possibile ricorso al TAR. Anche Retuvasa ed altre associazioni annunciano battaglia legale. Pubblichiamo i relativi comunicati stampa


“E' sbagliata e preoccupante la scelta di declassare i siti da bonificare della 'Valle del Sacco' e di 'Frosinone', stiamo valutando la possibilità di ricorrere al Tribunale Amministrativo, è sconcertante che la Regione Lazio non abbia espresso parere negativo nei termini previsti, una scelta che andrà riaffrontata dal prossimo governo regionale -afferma Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio-. I danni ambientali subiti da un intero ecosistema sono enormi, le sostanze inquinanti sepolte a Colleferro hanno inquinato un'area immensa, devastato un territorio enorme lungo tutta l'asta fluviale del Sacco. E lo stesso vale per le decine di discariche di rifiuti inserite nel sito denominato “Frosinone”. Bisogna assolutamente evitare che si consolidi una situazione senza ritorno per quel territorio e quelle popolazioni, che meritano un futuro diverso e migliore. Dopo lo scoppio dell'emergenza, nel 2005-2006 seguì la perimetrazione delle aree da bonificare e fu individuato il sito di interesse nazionale per le bonifiche denominato “Valle del Sacco”: circa 800 ettari per l'area industriale, 700 per territori destinati all'agricoltura e allevamento, aree esondabili e una estesissima fascia di 100 metri nella zona ripariale adiacente al fiume sono interessate da progetti di caratterizzazione, bonifica e messa in sicurezza. Benché siano passati quasi 8 anni, data prevista da alcuni come termine finale delle operazioni su Colleferro e Valle del Sacco, sono ancora moltissime le cose da fare per la messa in sicurezza di molte di queste zone. “Il Sacco è un'emergenza che non si può sottovalutare, dopo i primi interventi bisogna andare fino in fondo, senza fondi nazionali le operazioni di bonifica rischiano di fermarsi per sempre -conclude Lorenzo Parlati, presidente di Legambiente Lazio-. Il declassamento non pare avere senso nemmeno dal punto di vista tecnico e amministrativo, per le caratteristiche del sito. Le prime cose fatte hanno portato a mettere in sicurezza e bonificare la cosiddetta area Arpa 1 e ad avviare le azioni nell'area Arpa 2, le due zone dove erano sepolti i fusti, ma ora rimane l'intervento più importante per la vita di quelle popolazioni, che è quello lungo gli 80 chilometri dell'asta del fiume Sacco. Viste le drammatiche conseguenze della dispersione nell'ambiente di agenti chimici e metalli pesanti, bisogna far fronte anche alle emergenze sanitarie come l'aumento dell'incidenza tumorale degli abitanti, la morte del bestiame e l'impossibilità di svolgere attività agricole e di allevamento in queste aree che ancora oggi sono inquinate da ciò che il fiume Sacco ha trasportato per decenni.”


Piangere oppure ridere? Questa l’alternativa di fronte al grottesco comunicato stampa del Ministero dell’Ambiente “Torna alle Regioni la competenza di 18 aree da disinquinare”, da oggi sul sito web dell’ente.
Dopo aver magnificato le conseguenze della trasformazione di 18 ex Siti di Bonifica di Interesse Nazionale (SIN) in altrettanti Siti di Interesse Regionale (SIR), parola d’ordine “Meno burocrazia, più velocità negli investimenti e più vicinanza ai cittadini e alle esigenze locali” - ma ci sembra invece che nella filosofia del provvedimento e nei riferimenti normativi a monte prevalga l’intenzione di dismettere competenze governative, con dequalificazione della rilevanza delle aree soggette a bonifica, e delega alle Regioni di compiti di coordinamento e di spesa che spetterebbero a istituzioni di livello superiore - il Ministero, guarda caso, si sofferma nello specifico su un solo SIN, quello della Valle del Sacco. Riportiamo testualmente: “Nel caso della valle del Sacco, la zona è distinta in due diverse aree. Una zona è l’area del polo chimico di Colleferro, per la quale nel 2005 era stata dichiarata l’emergenza socio-economica-sanitaria. Questa area non è compresa nel decreto perché non è mai stata classificata Sin ed era di competenza di un commissario straordinario. Il decreto invece trasferisce alla Regione Lazio una seconda area, l’ex sito di interesse nazionale della valle del Sacco: è una parte del territorio del bacino del fiume Sacco completamente distinta da quella dichiarata in stato d’emergenza; non vi sono attività industriali di dimensione significativa tale da poter essere considerata presupposto per la classificazione di sito di interesse nazionale”.

Ci si passino i termini, qui siamo di fronte ad affermazioni incredibili, che sembrano frutto di disinformazione o di incompetenza.
In primis - ricorda Alberto Valleriani, presidente RETUVASA - “il decreto istitutivo del SIN (L. 2 dicembre 2005, n. 248, art. 11 quaterdecies, comma 15 - ma cfr. già O.P.C.M. n. 3441 del 10 giugno 2005, in particolare art. 1) non esclude certo dai confini del SIN il polo chimico di Colleferro, origine della contaminazione stessa”.
In secundis - ipotizza Francesco Bearzi, coordinatore RETUVASA Frosinone - “gli autori del comunicato stampa forse identificano il SIN con la perimetrazione del bacino ripariale contaminato, ma si tratta di due cose ben distinte. La perimetrazione è complementare al SIN, non lo sostituisce. Identificando erroneamente il SIN con la perimetrazione delle aree ripariali, il Ministero fa bene a sostenere che non vi si trovano impianti industriali significativi, perché in tal caso dovrebbero essere ubicati sulle sponde del fiume Sacco. Si trovano invece tutti nel raggio di qualche chilometro e, come tutti sanno, ad eccezione, pare, dello stesso Ministero dell’Ambiente, gli scarichi industriali sono confluiti e continuano a confluire nel fiume Sacco, determinando criticità ambientali storiche e recenti”. 
A prescindere dalle affermazioni clamorosamente erronee riportate nel comunicato stampa ministeriale - concludono Valleriani e Bearzi - la Rete per la Tutela della Valle del Sacco ha già anticipato pubblicamente dieci giorni fa il cuore delle ragioni per cui il “declassamento” del SIN sembra risultare, alla luce della normativa, decisamente illegittimo, e in base alle quali RETUVASA e altre associazioni ricorreranno in sede giudiziaria.
 

 

La redazione (2013-02-05 17:19:48)